Se l’abito non fa il monaco

Uno dei “salienti” che ogni fotografo si trova ad affrontare è sicuramente quello della scelta del soggetto e della composizione. In fotografia credo sia importante, o meglio fondamentale, mettere in risalto il soggetto. Può sembrare una banalità o la puntualizzazione dell’ovvio ma, in molti casi, è l’errore latente più diffuso. Mi capita spesso di parlare e confrontarmi con persone che si sono avvicinate da poco alla fotografia e che ogni tanto mi chiedono dei pareri su alcune foto scattate, siano queste dei ritratti o fotoricordo (le classiche che scattiamo quando ci troviamo con gli amici a far baldoria in qualche posto in particolare). Proprio in queste occasioni si procede ad un confronto visivo tra le nostre foto e quelle dei nostri amici e conoscenti al fine di dare utili consigli. Nella maggior parte dei casi non solo il principiante ma, anche chi è da un pò di tempo che pratica, imputa la riuscita delle foto al tipo di attrezzatura in nostro possesso, senza capire che la chiave per una perfetta riuscita sta proprio nella semplicità e nell’isolamento del soggetto o del momento. A quel punto, proprio per la passione che ci contraddistingue, si prende lo “strumento” del nostro amico per immortalare uno dei tanti episodi che ci circondano… il risultato?! Una buona foto che, molto probabilmente, chi abbiamo di fronte non percepisce neanche come il frutto della sua attrezzatura e, un pò basito ci paragona ad uno stregone o ad un esorcista. Il punto è che la nostra foto è riuscita a canalizzare l’attenzione dello spettatore verso il soggetto, ma per far ciò la vista e la mente di chi guarda non può essere distratta dai molti elementi che sono presenti sulla scena e che la macchina fotografica cattura impietosamente. 

La differenza tra un soggetto che fotografa “inconsciamente” e il fotoamatore o ancor di più il fotografo professionista, sta nel fatto che questi ultimi sono in grado di creare un’immagine surreale all’interno del reale e per di più attraverso un mezzo che si pone, almeno in linea di principio e non solo, agli antipodi del surreale stesso. In buona sostanza sono convinto, e credo che in linea di massima possa essere una valida teoria, che Henri Cartier-Bresson, così come altri fotografi, che hanno fatto la storia come Alberto Korda o Robert Capa, avrebbero fatto i medesimi scatti anche con apparecchiature diverse. Certo è inutile dire che un buon corpo macchina e un’eccellente obiettivo possano fare la differenza, ma prima di poter apprezzarne i benefici, bisogna tener presente che a fondamento ci sono delle regole basilari che bisogna conoscere per poter sfruttare appieno ciò di cui si dispone. Concludo dicendo che, chiunque nella sua esperienza fotografica si sia trovato, almeno una volta, dalla parte dell’amico di cui sopra, non deve demoralizzarsi perché è proprio in quei frangenti che si prende coscienza attraverso il confronto di quelli che sono i fondamentali, la tecnica e il potenziale del corredo in nostro possesso. Vi lascio con una citazione di Henri Cartier-Bresson che riassume in breve l’intero articolo:

“… Fotografare è porre sulla stessa linea di mira la mente, gli occhi e il cuore …


Raffaello   

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